lunedì 6 gennaio 2014

La vedova allegra





In questo 2014 abbiamo deciso di iniziare l'anno all'insegna del teatro, della musica e delle luci sfavillanti: siamo andate all'operetta!! E quale spettacolo del genere può essere meglio della vedova allegra? L'operetta per antonomasia!



Nel 1861 il commediografo e librettista francese Henri Meilhac (lo stesso della Carmen di Bizet) scrisse un piacevole vaudeville, che divenne però famosissimo solo molti anni dopo, nel 1905, grazie alla musica di Franz Lehár: era nata La Vedova Allegra.
“Non si offenda, ma questa non è musica”. Questa frase, dettata dallo stesso Lehár, apparve incisa sulle medaglie-ricordo che la direzione del Teather An der Wien offrì in occasione della trecentesima replica della Vedova (che lì aveva debuttato il 30 dicembre 1905): una rivincita che il musicista volle concedersi nei confronti della direzione del teatro stesso e dei critici, che la sera della prima gli avevano rivolto quello scettico e non lungimirante apprezzamento. Ma forse avevano ragione. La Vedova Allegra non è musica, è molto di più: è un’emozione, un’esperienza dei sensi che si stampa a lungo nella memoria di chi l’ascolta.




La Vedova allegra è un capolavoro di genuina ispirazione dove i protagonisti sono coinvolti in un vorticoso e divertente scambio di coppie, di promesse, di sospetti e di rivelazioni. Un parapiglia che, come è naturale che sia in un’operetta, al termine si ricompone nel migliore dei modi con il matrimonio fra la bella vedova Anna Glavari e l’aitante diplomatico Danilo. Nel finale, tutti cantano la celeberrima marcetta E’ scabroso le donne studiar! in una Parigi elegante e spensierata, come elegante e spensierata vuole essere questa edizione dello spettacolo, dove si va da Maxim (ancora oggi simbolo mondano-turistico parigino), si danno nomi capricciosi alle donnine che allietano le serate piccanti dei diplomatici, si cantano valzer pervasi da un erotismo scintillante, si ballano indemoniati can-can e si ama con assoluta gaiezza in un’atmosfera leggera e contagiosa che coinvolge attori e pubblico. Ed è in questa sinergia che l’operetta vola sulle ali del canto, della danza, della prosa, della maschera, del gesto facendosi teatro perfetto, o, in modo meno presuntuoso, perfettamente teatrale.



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